[III] pag. 29. Un nuovo paradigma della realtà? > Capitolo 1 – Una nuova visione del Cosmo e della persona (+ testo originale, texto original)

1.1 L’evoluzione della fisica

Nel suo sviluppo, la fisica ha attraversato cinque fasi dai suoi inizi. In questo capitolo le discuteremo brevemente e mostreremo come è cambiata la visione della realtà in ciascuna di esse.

Realtà classica

Per prima cosa è emersa quella che oggi può essere definita la “visione classica della realtà”, o fisica classica. I pionieri di questo approccio furono principalmente Copernico, Galileo e Newton, tra gli altri.

Questi scienziati furono i primi a scoprire che gli eventi dell’Universo potevano essere spiegati e previsti matematicamente. Newton fu il primo a esprimere i moti dei corpi nello spazio con equazioni matematiche. Ebbe così inizio la fisica classica, caratterizzata da una visione deterministica della realtà.

Ma cosa si sapeva del mezzo in cui avveniva il movimento, cos’è lo spazio, una realtà fisica indipendente o una realtà astratta creata dalla mente umana per comprendere l’Universo? Newton, di fronte al problema dello spazio e del tempo, li concepì come entità assolute e immutabili che rendevano l’Universo rigido, meccanicistico e frammentato.

Per oltre 200 anni, questa concezione dell’universo divenne un dogma per la scienza.

Relatività

La concezione di Newton e le sue equazioni funzionavano bene e la matematica si adattava anche all’esperienza ordinaria, derivata dalla percezione dei sensi.

Queste equazioni vengono utilizzate ancora oggi per inviare i razzi sulla Luna, ad esempio. Quindi, nel loro campo di applicazione, rimangono valide. Newton incluse nelle sue equazioni anche la forza di gravità.

Solo nel 1860 lo scienziato scozzese James Clerk Maxwell estese il quadro della linea classica per considerare anche le forze elettriche e magnetiche. Sembrava che, con l’inclusione delle equazioni matematiche che descrivono queste forze, la fisica teorica sarebbe stata presto completa.

Tuttavia, il fisico britannico Kelvin notò che c’erano due questioni che non si adattavano al modello: una riguardava le proprietà della luce in movimento e l’altra la radiazione di alcuni oggetti quando venivano riscaldati.

Nel decennio successivo tutto cambiò. Le questioni sollevate da Kelvin furono studiate e si scoprì che non erano solo piccoli dettagli da risolvere per completare la visione classica dell’Universo.

Una rivoluzione avvenne tra il 1905 e il 1915, quando Einstein postulò le teorie della relatività speciale e generale. Einstein scoprì i difetti dei concetti newtoniani di spazio e tempo e concluse che non si trattava di entità assolute e indipendenti, ma interdipendenti. Inoltre, distrusse la fisica classica riscrivendo le leggi della fisica gravitazionale.

Questo scienziato ha scoperto che, grazie alla sua flessibilità e alla sua curvatura, lo spazio stesso partecipa all’evoluzione cosmica. Per Einstein si deve parlare di spazio-tempo e la relazione tra i due è flessibile e dinamica. La sua famosa equazione E=mc2 significa che energia e materia sono intercambiabili, in quanto l’una si trasforma nell’altra e viceversa. Se una persona adulta trasformasse la sua massa in energia, potrebbe soddisfare il fabbisogno di una città di medie dimensioni per alcuni giorni.

Einstein scoprì anche che non esiste un tempo globale. Lo scorrere del tempo dipende dalla velocità e dalla posizione dell’osservatore. Immaginate due esplosioni stellari simultanee e un osservatore equidistante da entrambe: vedrà entrambi gli eventi contemporaneamente. Ma se l’osservatore è più vicino a una stella che all’altra, vedrà un’esplosione “prima” dell’altra, anche se si verificano nello stesso momento. Così, ciò che è “passato” per un osservatore può essere “futuro” per un altro; ciò che è già accaduto per uno non è ancora accaduto per l’altro, anche se l’evento stesso è già avvenuto e sarà osservato da entrambi. In un certo senso, per l’osservatore il futuro è determinato.

Poiché lo spazio è curvo, anche il tempo si curva con esso. Più un oggetto ha massa, più il tempo passa lentamente sulla sua superficie. Il tempo passa più velocemente sulla Terra che sulla superficie di una stella, per esempio.

In ogni caso, poiché la deviazione tra la fisica classica e la teoria della relatività si verificava solo in circostanze estreme (alte velocità e alta gravità), la fisica newtoniana continuò a essere utilizzata per le esperienze quotidiane. Ma utilità e realtà sono cose diverse e, come si vedrà più avanti, le caratteristiche del tempo e dello spazio che la maggior parte delle persone continua a rimescolare nella propria mente sono state abrogate come frammenti di una prospettiva, quella newtoniana, che non è più corretta.

Fisica cuantistica

La seconda anomalia evidenziata da Kelvin nella sua critica alla fisica classica (la radiazione) ha portato alla rivoluzione quantistica. La fisica quantistica ha portato a una trasformazione della conoscenza umana mai vista prima.

Uno dei principi della fisica classica postulava che se si conoscono la posizione e la velocità dei corpi nello spazio, con le equazioni di Newton (con l’aggiunta di quelle di Maxwell) si possono prevedere la velocità e la posizione di quei corpi in qualsiasi altro momento del passato o del futuro. In effetti, la fisica classica afferma che il passato e il futuro sono intrecciati con il presente. Questa idea è mantenuta anche nella teoria della relatività di Einstein.

Tuttavia, la fisica quantistica ha dimostrato che, anche con la migliore misurazione possibile dello stato attuale degli oggetti, si può solo sperare di misurare la “probabilità” di come potrebbero essere in qualsiasi momento nel futuro. La fisica quantistica è una fisica delle probabilità.

Così come la fisica classica – in accordo con la percezione sensoriale umana – postula che la realtà sia in un modo “o” in un altro, la fisica quantistica spiega che le cose sono a volte in un modo “e” a volte in un altro.

Qualcosa può essere definito solo quando un’osservazione lo “costringe” ad assumere una forma specifica tra tutte le possibilità quantistiche. Questo risultato non può essere previsto, ma solo la probabilità che si verifichi. Questo, che sembra molto strano, non lo è poi così tanto alla luce della fisica quantistica. Ciò che accade è che le persone non sono abituate a pensare alla realtà come ambigua.

Un’altra sorprendente scoperta della fisica quantistica implica che qualcosa che si verifica in un luogo ha effetti istantanei sulla realtà altrove, indipendentemente dalla distanza. Einstein si è scontrato con questa osservazione, che una volta ha definito come “azione fantasma a distanza”.

Ma gli esperimenti condotti a partire dal 1980 hanno dimostrato che è vero. Il fenomeno è noto come entanglement, ovvero il comportamento di una o più particelle dipende dal comportamento delle altre, cioè interagiscono tra loro indipendentemente dalla loro distanza e contemporaneamente.

Quando si parla di spazio, generalmente si pensa che la separazione spaziale significhi indipendenza fisica. Ma l’esperimento di Aspect ha dimostrato l’influenza istantanea tra le particelle, che sembra non dipendere dai segnali. L’esperimento di A. Aspect e dei suoi collaboratori ha dimostrato che quando due oggetti quantistici sono entangled, se viene eseguita una misura su uno di essi – facendo così collassare la sua funzione d’onda – anche la funzione d’onda dell’altra particella collassa istantaneamente, anche a distanze macroscopiche e senza alcuno scambio di segnali tra loro nello spazio-tempo. Tuttavia, Einstein ha dimostrato che tutte le interazioni e le connessioni nel mondo materiale devono utilizzare segnali che viaggiano attraverso lo spazio-tempo – secondo il principio di localizzazione – e quindi il loro limite di propagazione è la velocità della luce. Dove sono allora queste connessioni istantanee tra gli oggetti quantistici che sono responsabili delle loro comunicazioni a lunga distanza senza segnali? La risposta sembra chiara e, sinteticamente, è: nei domini più sottili della realtà.

Ne consegue che questa relazione è dovuta al fatto che essi costituiscono un’unica entità; la loro separazione è un’illusione. Pertanto, le varie cose che si vedono e si sentono costituiscono manifestazioni diverse della stessa realtà.

Nella visione classica, si riteneva che l’unico modo per avere un effetto su ciò che accadeva in un altro punto dello spazio fosse quello di spostarsi fisicamente lì. Tuttavia, è ormai noto che le connessioni quantistiche trascendono lo spazio e il tempo.

Realtà cosmologica

Una delle esperienze quotidiane rimaste inspiegate nelle tre evoluzioni della fisica sopra citate è quella della “freccia del tempo”, come la chiamò il fisico Arthur Eddington.

Di solito si presume che il tempo abbia una sola direzione: c’è il passato, il presente e il futuro, e sembra che il tempo scorra sempre in quella direzione. Ad esempio, un bicchiere di cristallo si rompe ma non si ricostruisce; le persone invecchiano ma non diventano giovani. Queste asimmetrie governano la vita di tutti.

Ma da dove deriva questa asimmetria? Le leggi e le equazioni fisiche conosciute non la mostrano in alcun modo, contraddicendo così l’esperienza quotidiana del tempo. Per risolvere questo enigma dobbiamo guardare agli eventi che si sono verificati all’inizio dell’Universo.

Il matematico Roger Penrose ha lavorato su questo tema e ha dimostrato come le condizioni speciali al Big Bang abbiano dato una direzionalità alla freccia del tempo. Le sue equazioni spiegavano in parte il fatto, ma non erano del tutto soddisfacenti. A partire dal 1970, la teoria del Big Bang – la cui origine è precedente – è stata postulata come teoria dominante nella cosmologia odierna.

Tuttavia, questa teoria non spiegava ancora alcune domande. Ad esempio, perché lo spazio ha la forma che ha, perché la temperatura della radiazione è quella che è? E, soprattutto, perché all’inizio c’era così tanto ordine da produrre una direzionalità nel tempo?

Le risposte sono state cercate alla luce di una nuova teoria cosmologica: l’inflazione. La teoria dell’inflazione cosmica è sostenuta dalle prove trovate dal team internazionale di scienziati che lavorano al telescopio a microonde BICEP2 presso la base Amundsen in Antartide. Questa teoria – nonostante il dibattito odierno sul problema della polvere interstellare – spiega come l’Universo si sia espanso molto rapidamente e uniformemente in uno spazio di tempo infinitamente piccolo dopo il Big Bang. Fenomeni così sorprendenti, come l’Universo che ha una temperatura e una densità costanti ovunque, per quanto distanti, non si spiegherebbero se prima tutto lo spazio non fosse stato in contatto, come dimostra la teoria dell’inflazione cosmica.

Questa teoria, unita ad altre scoperte sulla radiazione cosmica, sta portando molti fisici a indagare sulla possibilità che non esista un solo Universo ma un multiuniverso (un numero infinito di universi). Oggi molti scienziati e pensatori sostengono l’esistenza del multiuniverso (ad esempio Greene, Susskind, Guth, Stephen Hawking, Weimberg, Termak, Kaku e molti altri). Un altro gruppo di scienziati ritiene che la questione del multiuniverso sia più filosofica che scientifica; ma questo aspetto sarà affrontato più dettagliatamente nell’ultimo capitolo della prima parte di questo libro, dedicato al problema della verifica.

Poiché il tempo e lo spazio sono intrecciati all’origine dell’Universo, una loro comprensione approfondita richiede la formulazione di equazioni in grado di affrontare le condizioni estreme di densità, energia e temperatura estremamente elevate che esistevano all’inizio dell’Universo.

Realtà unificata

Per molti anni i fisici hanno pensato che uno degli ostacoli allo sviluppo di una teoria unificata fosse il conflitto tra la teoria della relatività e la fisica quantistica. Sebbene si occupino di ambiti diversi – la prima di galassie e la seconda di materia subatomica – le due teorie mantengono la loro universalità di applicazione. Se provate insieme, le equazioni non funzionano.

La prima teoria a proporre questa combinazione è la cosiddetta super-string theory, o teoria delle “superstringhe“.

Essa inizia proponendo una nuova risposta a una vecchia domanda su quali siano i componenti più piccoli e individuali della materia. Per decenni si è pensato che questi componenti fossero particelle come gli elettroni o i quark. Queste particelle si combinavano in vari modi per produrre protoni, neutroni e la varietà di atomi e molecole che costituiscono l’Universo materiale.

Secondo la teoria delle superstringhe, tuttavia, queste particelle non sono punti, ma sono composte da minuscoli filamenti di energia vibrazionale, milioni di volte più piccoli del nucleo di un atomo. Proprio come la corda di un violino può vibrare secondo schemi diversi che producono suoni diversi, questi filamenti generano proprietà diverse nelle particelle attraverso le loro possibili vibrazioni. Una “corda” che vibra secondo un certo schema può produrre la massa e la carica elettrica di un elettrone.

Per farsi un’idea delle dimensioni di queste “stringhe”, immaginate una goccia d’acqua: contiene un quadrilione di atomi di ossigeno e idrogeno. Se si ingrandisse un atomo di idrogeno dieci miliardi di volte, sarebbe lungo un metro. Ma bisognerebbe ingrandirlo molto, fino a raggiungere le dimensioni dell’Universo conosciuto, per poter vedere le stringhe al suo interno, che sarebbero come un albero di circa dieci metri rispetto alle dimensioni dell’intero Universo.

Gli scienziati ritengono che lo spazio e il tempo cessino di esistere come li conosciamo quando scendiamo a queste scale (la scala di Planck). Per capire cosa succede lì, i ricercatori stanno cambiando l’idea di spazio e tempo con l’idea dell’esistenza di nuove dimensioni. A questi livelli di studio sono state trovate condizioni simili a quelle che esistevano poco prima del Big Bang.

Secondo questa teoria, una tale “stringa vibrante” sarebbe l’equivalente di quello che un tempo si pensava fosse un elettrone. Tutte le specie di particelle sono unificate nella teoria delle superstringhe, perché ciascuna di esse ha origine da un diverso “schema vibrazionale” eseguito dalla stessa entità sottostante.

La teoria delle superstringhe è la prima teoria in grado di integrare la fisica quantistica con la teoria della relatività.

Ma perché le equazioni della teoria delle superstringhe funzionino, è necessario accettare un’altra grande rivoluzione nella percezione umana. Invece di tre dimensioni spaziali e una temporale, la teoria delle superstringhe richiede di considerare almeno nove o più dimensioni spaziali e una temporale. In una nuova revisione di questa teoria, chiamata “teoria M”, l’unificazione richiede almeno dieci dimensioni spaziali. Poiché queste altre dimensioni non sono osservabili, la teoria delle superstringhe implica che solo una piccola parte della realtà dell’Universo è accessibile alla percezione umana.

Brian Greene conclude:

“L’idea di più dimensioni spaziali ci permette di intravedere qualcosa di molto più drammatico: l’esistenza di altri mondi nell’Universo, non nello spazio ordinario, ma in quelle altre dimensioni di cui finora non eravamo a conoscenza”.

La teoria delle superstringhe può offrire al mondo la prima prova razionale e non soggettiva di dimensioni “non viste” e ci costringe ad accettare il fatto che finora noi esseri umani siamo stati consapevoli (almeno attraverso la coscienza ordinaria) solo di una minuscola parte dell’intera realtà universale.

In un certo senso, questa visione coincide con ciò che i mistici hanno sempre espresso sulla realtà nel corso della storia umana.

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Texto original del libro:

Capítulo 1. Una nueva visión del Cosmos y la persona

1.1 La evolución de la física

En su desarrollo, la física ha pasado por cinco estadios desde sus comienzos. En este capítulo se comentarán brevemente y se expondrá cómo fue cambiando la visión de la realidad en cada uno de ellos.

Realidad clásica

Primero emergió lo que ahora se puede llamar la “visión clásica de la realidad”, o física clásica. Los pioneros de este enfoque fueron fundamentalmente Copérnico, Galileo y Newton, entre otros.

Estos científicos fueron los primeros en descubrir que los eventos en el Universo podían ser explicados y predichos de forma matemática. Newton fue el primero en expresar a través de ecuaciones matemáticas los movimientos de los cuerpos en el espacio. Así comenzó la física clásica, que se caracteriza por una visión determinista de la realidad.

Pero ¿qué se sabía del medio donde ocurría todo el movimiento? ¿Qué es el espacio? ¿Es una realidad física independiente, o una realidad abstracta creada por la mente humana para entender el Universo? Newton, al enfrentarse al problema del espacio y del tiempo, concibió ambos como entidades absolutas e inmutables que convertían al Universo en algo rígido, mecanicista y fragmentado.

Durante más de 200 años, esta concepción del Universo se convirtió en dogma para la ciencia.

Relatividad

La concepción de Newton y sus ecuaciones funcionaban bien, y además las matemáticas se adecuaban a la experiencia ordinaria, derivada de la percepción de los sentidos.

Todavía hoy se usan esas ecuaciones para mandar cohetes a la luna, por ejemplo. Así que, en su ámbito de aplicación, se mantiene su validez. Newton también incluyó la fuerza de la gravedad en sus ecuaciones.

No fue hasta 1860 cuando el científico escocés James Clerk Maxwell extendió el marco de la línea clásica para considerar también las fuerzas eléctricas y magnéticas. Parecía que con la inclusión de las ecuaciones matemáticas que describen estas fuerzas la física teórica estaría pronto completada.

Sin embargo, el físico británico Kelvin advirtió que había dos cuestiones que no encajaban en el modelo: una tenía que ver con las propiedades de la luz en movimiento, y la otra con la radiación de algunos objetos al ser calentados.

En la siguiente década todo cambió. Las cuestiones que Kelvin suscitó fueron estudiadas, y se comprobó que no eran meramente pequeños detalles a resolver para dar por completada la visión clásica del Universo.

Entre 1905 y 1915 se produjo una revolución, al postular Einstein las teorías especial y general de la relatividad. Einstein descubrió fallos en los conceptos newtonianos del espacio y el tiempo; concluyó que estos no eran entidades absolutas e independientes, sino interdependientes. Además, acabó por destruir la física clásica al reescribir las leyes de la física gravitatoria.

Este científico descubrió que, a través de su flexibilidad y gracias a su curvatura, el propio espacio participa en la evolución cósmica. Para Einstein, hay que hablar de espacio-tiempo, y la relación entre ambos es flexible y dinámica. Su famosa ecuación E=mc2 significa que la energía y la materia son intercambiables, ya que una se transforma en la otra y viceversa. Si una persona adulta transformase su masa en energía podría abastecer las necesidades de una ciudad mediana por unos días.

Einstein también descubrió que no existe un tiempo global. El paso del tiempo depende de la velocidad y de la posición del observador. Imagínense dos explosiones estelares simultáneas y un observador equidistante a ambas; éste verá los dos eventos simultáneamente. Pero si el observador está más cerca de una de las estrellas que de la otra, verá una explosión “antes” que la otra, aunque se produzcan a la vez. Así pues, lo que es “pasado” para un observador, puede ser “futuro” para otro; lo que ya ha acontecido para uno no lo ha hecho aún para el otro, aunque el evento en sí ya se haya producido y finalmente sea observado por ambos. De alguna manera, para el observador el futuro está determinado.

Al ser el espacio curvo, el tiempo también se curva con él. Cuanta más masa tiene un objeto, más lentamente pasa el tiempo en su superficie. El tiempo transcurre de forma más rápida en la Tierra que en la superficie de una estrella, por ejemplo.

De todas formas, como la desviación entre la física clásica y la teoría de la relatividad sólo ocurría bajo circunstancias extremas (grandes velocidades y gran gravedad), se siguió usando la física de Newton para las experiencias cotidianas. Pero utilidad y realidad son cosas diferentes y, como se verá a continuación, las características del tiempo y del espacio que la mayoría de personas siguen barajan do en su mente han sido derogadas como fragmentos de una perspectiva, la newtoniana, que ya no es correcta.

Física cuántica

La segunda anomalía que Kelvin apuntó en su crítica a la física clásica (la radiación) nos ha llevado a la revolución cuántica. La física cuántica ha supuesto una transformación del conocimiento humano como nunca se había producido anteriormente.

Uno de los principios de la física clásica postulaba que si se conoce la posición y la velocidad de los cuerpos en el espacio, con las ecuaciones de Newton (añadiendo las de Maxwell) se puede predecir la velocidad y posición de esos cuerpos en cualquier otro momento pasado o futuro. Sin duda, la física clásica declara que el pasado y el futuro están entrelazados con el presente. Esta idea también se mantiene en la teoría de la relatividad de Einstein.

Sin embargo, la física cuántica ha demostrado que, incluso efectuando la mejor medición posible del estado actual de los objetos, sólo es esperable poder medir la “probabilidad” acerca de cómo éstos podrán encontrarse en cualquier momento futuro. La física cuántica es una física de probabilidades.

Así como la física clásica —de acuerdo con la percepción sensorial humana— postula que la realidad es de una manera “o” de otra, la física cuántica explica que las cosas se presentan a veces de una manera “y” a veces de otra.

Sólo se puede definir algo cuando una observación lo “fuerza” a tomar una forma específica entre todas las posibilidades cuánticas. Este resultado no puede ser predicho; únicamente se puede predecir la probabilidad de que ocurra. Esto, que parece muy extraño, no lo es tanto a la luz de la física cuántica. Lo que ocurre es que las personas no estamos acostumbradas a pensar en la realidad como en algo ambiguo.

Otro descubrimiento asombroso de la física cuántica implica que algo que se produce en un lugar tiene efectos instantáneos sobre la realidad en otro sitio, independientemente de la distancia a la que se encuentre. Einstein luchó contra esta observación, a la que en cierta ocasión se refirió como “acción fantasmal a distancia”.

Pero los experimentos realizados a este respecto desde 1980 demostraron su veracidad. El fenómeno se conoce en inglés por el término “entanglement”, que se traduce por “entrelazamiento”, y consiste en que el comportamiento de una o más partículas depende de las demás; es decir, unas y otras interactúan sin importar la distancia que las separa y de manera simultánea.

Al pensar en el espacio, generalmente se entiende que la separación espacial significa independencia física. Pero el experimento de Aspect demostró la influencia instantánea entre las partículas, que parece no depender de señales. El experimento que realizaron A. Aspect y sus colaboradores comprobó que cuando dos objetos cuánticos se encuentran entrelazados, si se realiza cualquier medición en uno de ellos —colapsando así su función de onda—, la función de onda de la otra partícula se colapsa también instantáneamente, incluso a distancias macroscópicas y sin ningún intercambio de señales entre ellas en el espaciotiempo. Sin embargo, Einstein probó que todas las interacciones y conexiones en el mundo material tienen que utilizar señales que viajen a través del espacio-tiempo —según el principio de localidad—; por lo tanto, su límite de propagación es la velocidad de la luz. ¿Dónde, pues, se encuentran esas conexiones instantáneas entre los objetos cuánticos que son responsables de sus comunicaciones a distancia sin señales? La respuesta parece clara y, de forma sucinta, es: en los dominios más sutiles de la realidad.

De ello se deduce que esta relación se debe a que constituyen una entidad única; su separación es una ilusión. Por tanto, las diversas cosas que se ven y se sienten constituyen manifestaciones diferentes de la misma realidad.

Según la visión clásica se creía que la única forma de producir un efecto sobre lo que ocurría en otro punto del espacio era desplazándose físicamente allí. Sin embargo, ahora se sabe que las conexiones cuánticas trascienden el espacio y el tiempo.

Realidad cosmológica

Una de las experiencias cotidianas que quedaban sin explicar en las tres evoluciones de la física mencionadas anteriormente era la de la “flecha del tiempo”, como la llamó el físico Arthur Eddington.

Normalmente se da por supuesto que existe una dirección en el tiempo: existen el pasado, el presente y el futuro, y da la impresión de que el tiempo siempre fluye en esa dirección. Por ejemplo, un vaso de cristal se rompe pero no se reconstruye; las personas envejecen pero no rejuvenecen. Estas asimetrías gobiernan la vida de todos.

Pero ¿de dónde procede tal asimetría? Las leyes y ecuaciones de la física conocidas no la muestran de ninguna manera, contradiciendo así la experiencia cotidiana del tiempo. Para resolver este rompecabezas hay que contemplar los eventos que ocurrieron al inicio del Universo.

El matemático Roger Penrose trabajó en este asunto, y demostró cómo condiciones especiales en el Big Bang imprimieron una direccionalidad a la flecha del tiempo. Sus ecuaciones explicaban el hecho en parte, pero no resultaban del todo satisfactorias. Fue a partir de 1970 cuando la teoría del Big Bang —cuyo origen es anterior— se postuló como la dominante en la cosmología actual.

Sin embargo, esta teoría seguía sin explicar algunas cuestiones. Por ejemplo: ¿Por qué el espacio tiene la forma que tiene? ¿Por qué la temperatura de la radiación es la que es? Y, sobre todo, ¿por qué había tanto orden al principio como para producir la direccionalidad en el tiempo?

Las respuestas se buscaron a la luz de una nueva teoría en cosmología: la inflación. La teoría de la inflación cósmica está siendo sustentada gracias a las evidencias encontradas por el equipo internacional de científicos que trabajan en el telescopio de microondas BICEP2, en la base Amundsen de la Antártida. Esta teoría —a pesar de la discusión que hoy en día existe en relación con el problema del polvo interestelar— explica cómo el Universo se expandió muy rápidamente y de una manera uniforme en un espacio de tiempo infinitesimal tras el Big Bang. Cuestiones tan sorprendentes como que el Universo tenga una temperatura y una densidad constantes en todas partes, por lejanas que estén unas de otras, no tendrían explicación si todo el espacio no hubiera estado en contacto previamente, como demuestra la teoría de la inflación cósmica.

Esta teoría, combinada con otros descubrimientos sobre la radiación cósmica, está llevando a muchos físicos a investigar la posibilidad de que exista no un Universo sino un multiverso (infinito número de universos). En la actualidad, muchos científicos y pensadores sostienen la existencia del multiverso (p.e., Greene, Susskind, Guth, Stephen Hawking, Weimberg, Termak, Kaku y muchos otros). Otro grupo de científicos piensan que la cuestión del multiverso es más filosófica que científica; pero de esto nos ocuparemos con más detalle en el último capítulo de la primera parte de este libro, dedicado al problema de la verificación.

Como el tiempo y el espacio están entrelazados en el origen del Universo, para comprenderlos en profundidad es necesario formular ecuaciones que puedan lidiar con las condiciones extremas, de altísima densidad, energía y temperatura, existentes en el comienzo del Universo.

Realidad unificada

Durante muchos años, los físicos pensaron que uno de los obstáculos a resolver para desarrollar una teoría unif icada era el conflicto entre la teoría de la relatividad y la física cuántica. Aunque ambas se ocupan de ámbitos diferentes —la primera de las galaxias y la segunda de la materia subatómica—, las dos teorías mantienen su universalidad de aplicación. Cuando se intentan usar conjuntamente las ecuaciones no funcionan.

La primera teoría que ha avanzado en esta combinación es la llamada “super-string theory”, o teoría de las “supercuerdas”.

Esta comienza por proponer una nueva respuesta a una antigua pregunta sobre cuáles son los componentes más pequeños e individuales de la materia. Durante décadas se pensó que estos componentes eran partículas como electrones o quarks. Estas partículas se combinaban de distintas maneras para producir protones, neutrones y la variedad de átomos y moléculas que forman el Universo material.

En cambio, de acuerdo con la teoría de las supercuerdas, estas partículas no son puntos, sino que están compuestas por minúsculos filamentos de energía vibratoria con forma de cuerda, millones de veces más pequeños que el núcleo de un átomo. De igual forma que la cuerda de un violín puede vibrar con patrones diversos que producen distintos sonidos, estos filamentos generan diferentes propiedades en las partículas a través de sus posibles vibraciones. Una “cuerda” vibrando según un patrón determinado puede producir la masa y la carga eléctrica de un electrón.

Para hacerse una idea del tamaño de esas “cuerdas” imagínese una gota de agua; ésta contiene un cuatrillón de átomos de oxígeno e hidrógeno. Si se aumentase un átomo de hidrógeno diez mil millones de veces, mediría un metro. Pero habría que aumentar mucho más su tamaño, hasta llegar al del Universo conocido, para poder ver las cuerdas en su interior, que serían como un árbol de diez metros aproximadamente en relación con el tamaño de todo el Universo.

Los científicos creen que el espacio y el tiempo dejan de existir tal y como los conocemos al descender a esas escalas (la escala de Planck). Para entender lo que ocurre allí, los investigadores están cambiando las ideas de espacio y tiempo por la idea de la existencia de nuevas dimensiones. En esos niveles de estudio se han encontrado condiciones semejantes a las que existían justo antes del Big-Bang.

De acuerdo con esta teoría, esa “cuerda vibratoria” sería el equivalente a lo que antes se pensaba que era un electrón. Todas las especies de partículas se unifican en la teoría de las supercuerdas porque cada una de ellas se origina en un “patrón vibratorio” diferente, ejecutado por la misma entidad subyacente.

La teoría de las supercuerdas es la primera teoría con capacidad para integrar la física cuántica con la teoría de la relatividad.

Pero para que las ecuaciones de la teoría de las supercuerdas funcionen, hay que aceptar otra gran revolución en la percepción humana. En vez de tres dimensiones espaciales y una temporal, la teoría de las supercuerdas requiere considerar al menos nueve o más dimensiones espaciales y una temporal. En una nueva revisión de esta la teoría, llamada “teoría M”, la unificación necesita al menos diez dimensiones espaciales. Como esas otras dimensiones no son observables, la teoría de las supercuerdas implica que sólo una pequeña parte de la realidad del Universo es accesible a la percepción humana.

Brian Greene concluye:

«La idea de más dimensiones espaciales nos permite atisbar algo mucho más dramático: la existencia de otros mundos en el Universo, no en el espacio ordinario, sino en esas otras dimensiones de las que hasta ahora no hemos sido conscientes».

La teoría de las supercuerdas puede ofrecer al mundo la primera evidencia racional, no subjetiva, de las dimensiones “no visibles”, y obliga a aceptar el hecho de que hasta ahora los seres humanos sólo hemos sido conscientes (al menos a través de la consciencia ordinaria) de una parte minúscula de la completa realidad universal.

De alguna forma, esta visión coincide con lo que siempre han expresado los místicos acerca de la realidad a lo largo de la historia de la Humanidad.

3 pensieri riguardo “[III] pag. 29. Un nuovo paradigma della realtà? > Capitolo 1 – Una nuova visione del Cosmo e della persona (+ testo originale, texto original)

  1. Trattandosi della traduzione di un testo a volte molto complesso, ringrazio fin da ora – e per tutta la durata del progetto che culminerà con la pubblicazione del libro in italiano – qualsiasi suggerimento per migliorare la comprensione dei temi trattati. Sarà un piacere condividere questo percorso.

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